13.9.09

Considerazioni post SES di San José

Mi verrebbe da dire che si tratta realmente di considerazioni “a mente fredda”, visto che quello che segue è un resoconto di un evento tenutosi ormai più di un mese fa. Ma vuoi per il fatto che, nel corso della conferenza, gli impegni di lavoro mi hanno portato via molto tempo; vuoi per il fatto che dopo mi sono preso una settimana di ferie interamente dedicata alla famiglia (e il computer è rimasto chiuso in valigia:-); vuoi perchè, rientrati a Milano, ci sono state le grandi manovre legate al trasloco di Sems nella nuova sede di Viale del Ghisallo e poi la ripresa del business, alla fine solo oggi ho trovato finalmente la tranquillità di mettermi di fronte al laptop per scrivere questo post.
Con molta probabilità quello di quest’anno è stato l’ultimo Search Engine Strategies a San José; per il prossimo agosto è già prenotato il celebre Moscone Center di San Francisco, a pochi minuti a piedi dal parco di Union Square e da Market Street, nel cuore della celebre città californiana. Una location con un appeal decisamente maggiore rispetto a San José per un evento di tal genere, anche se è vero che SJ è pur sempre il centro di quella Silicon Valley che ospita i quartier generali di molti dei colossi dell’online: da Google a Yahoo, da Facebook ad eBay, giusto per citare qualche nome. Ma se togli il business, il resto è decisamente insignificante:-)
Tra l’altro stavolta non si è neanche tenuto l’evento mondano per eccellenza per chi lavora o investe nel search marketing, il “Google Dance Party”, ospitato negli ultimi anni direttamente nel GooglePlex di Mountain View. Il perché? La recessione. Difficile spendere 1,5 milioni di dollari per organizzare un party quando, alla ricerca del massimo profitto, lasci a casa molta gente.
Passando ad aspetti più business, le aspettative dei partecipanti non sono andate disattese. Ci si aspettava un evento ricco di spunti e novità, e così è stato. Anche se i protagonisti delle più importanti mosse di mercato dell’estate ’09 non hanno ancora svelato più di tanto quali saranno i reali sviluppi e la reale portata degli accordi più importanti.
Non si è capito bene, ad esempio, quando la partnership tra Microsoft e Yahoo inizierà a dare frutti concreti (proprio in questi giorni il Dipartimento di Giustizia statunitense sta analizzando l'accordo) e, per venire più a noi, quando anche in Italia sarà AdCenter la piattaforma di search advertising di Bing e Yahoo. Intanto è stato curioso leggere direttamente dalla stampa locale le news legate allo sviluppo di nuove funzionalità e interfacce per Yahoo search… Ma la partnership con Microsoft, quindi?
Poi c’è stato il grande lancio mediatico della beta di Google Caffeine, la nuova architettura tecnologica del motore di ricerca di Mountain View che promette di migliorare e velocizzare la capacità di indicizzazione dei contenuti presenti nel Web. E’ stato divertente vedere, nei tavolini antistanti le sale conferenze, moti giovani SEO specializzati in affiliation attraverso i risultati naturali (quelli per i quali PPC non è il sinonimo di link sponsorizzati ma è l’acronimo di Pills, Porn & Casinos, i tre ambiti più remunerativi), confrontare frequentemente e freneticamente i risultati di ricerca di Google “normale” e della beta di Caffeine, cercando di valutare il rischio di pesanti tracolli in visibilità, traffico e commissioni. Decisamente più tranquilli invece i professionisti più anziani dell’affiliation, abituatisi a superare uragani ben più devastanti e, probabilmente, anche tranquillizzati dal fatto che, in questi anni, di soldi se ne sono comunque fatti a palate;-)
E infine il colpo meno eclatante per i non addetti ai lavori, ma estremamente significativo da un punto di vista tecnologico e di sinergie: l’acquisizione di Friendfeed da parte di Facebook, che conferma in questo modo di voler diventare un player rilevante tanto nella real time search che nella social search, per fare concorrenza in molti settori a Google. Perché se l’obiettivo della triade Brin/Page/Schmid è demolire Microsoft, l’obiettivo dichiarato di Zuckenberg è demolire Google. Non a caso molti top manager e molti programmatori di provata esperienza hanno lasciato Mountain View per la vicina Palo Alto, quartier generate di FB, attirati da questa nuova sfida in una società che ha obiettivi ambiziosi (Google, a detta di molti addetti ai lavori, ha perso molto del suo fascino di “start up innovativa” che ne ha caratterizzato la crescita) e, last but not least, dalle stock option di una società che, quando si quoterà, sembra avere tutte le carte in regola per ripetere l’exploit del suo rivale.
Come ho scritto prima, in assenza di approfondimenti specifici da parte dei diretti rappresentanti, ci sono stati comunque dei commenti e delle analisi interessanti condivise dai relatori invitati a parlare a questo SES.
“La differenza tra Google e Facebook –ha spiegato Clay Shirky, autore del libro ‘Here comes everybody’ e al quale è stato affidato il compito di aprire la conferenza- è che il secondo, oltre ad essere una fonte di informazioni come il primo, consente anche di aggregarsi e coordinarsi attorno a queste. Pensiamo, ad esempio, ai tanti casi di gruppi creatisi su Facebook attorno a situazioni di malcontento; utenti che, unendosi e coordinandosi online, riescono a far sentire con maggiore incisività la propria voce. D’altronde i blog, Twitter, Facebook e altri hanno consentito e agevolato alle persone il fare ciò che avrebbero sempre voluto: far sentire la propria voce ad una platea più vasta possibile e, soprattutto, farlo in modo facile, veloce e influente”.
“L’intersezione tra search e social rappresenta la prossima evoluzione anche per i motori di ricerca –ha invece spiegato Charlene Li, l’ex analista di Forrester Research ora consulente con una propria società e autrice del libro ‘Groundswell’- ed è proprio a come i motori integreranno i risultati ‘social’ ed in contenuti in tempo reale (Twitter, ad esempio) che bisogna guardare per capire quale potrà essere il futuro anche del search marketing.
Quello che è certo è che al centro di ogni strategia ci dovranno sempre essere gli utenti, non le parole chiave, e la parola d’ordine dovrà essere ‘rilevanza’, cui farà seguito l’interazione. In futuro, grazie anche ai device mobili, sarà più facile che la componente social ci influenzi quando stiamo facendo shopping, quando stiamo viaggiando o quando stiamo semplicemente cercando qualcosa; le informazioni che troveremo saranno filtrate e validate dalla rete sociale di cui facciamo parte. Questo scenario modificherà, ovviamente, anche il modo di promuoversi delle aziende ed il modo in cui le agenzie supporteranno gli advertiser nel profilare correttamente i target e nel creare relazioni con questi. Partendo, innanzitutto, dall’ascoltarli.”
Ma se, alla luce dei dati sulla crescita degli investimenti in search advertising e sulla sempre maggiore influenza che le informazioni trovate attraverso i motori hanno nei processi di decisione e di acquisto, pensassimo che il search marketing si sia conquistato sul campo la giusta attenzione da parte dei CMO, rischiamo di sbagliarci. La conferma arriva da uno che da anni bazzica i boss del marketing delle più importanti multinazionali, Brian Fetherstonhaugh, CEO worldwide di OgilvyOne. Secondo Fetherstonhaugh, un ristretto numero di CMO delle aziende più importanti a livello mondiale è in grado di influenzare come e dove investire; ma, a questi livelli, il search marketing viene considerato ancora in maniera superficiale ed è in grado di attirare solo un minimo della loro attenzione; questo perché ancora troppo spesso il SEM viene considerato come un elemento stand alone anziché integrato in tutto il resto, cosa che consentirebbe di poter lavorare anche in un’ottica di brand performance marketing. E’ lo stesso CEO di OgilvyOne a riconoscere però come questa integrazione, possibile a parole, sia complicatissima nella realtà dei fatti, anche per una problematica di misurazione e attribuzione (“un ragazzino che gioca a World of Warcraft ha a disposizione una executive dashboard con cui monitorare tutti i dati che gli servono molto più avanzata di quella che hanno oggi generalmente i responsabili marketing anche delle grandi aziende”).

In conclusione, l’impatto sempre maggiore dei network sociali e dei social media nelle strategie di search marketing ha contribuito a dare nuova vita e nuova linfa a conferenze come il SES, che un paio di anni fa erano decisamente scadute nel ripetitivo. Peccato, e qui riporto le considerazioni che mi capita di ascoltare, che l’Italia sia uscita dal giro di queste conferenze. Né il SES, né lo SMX, ovvero i due principali circuiti di conferenze sul search & social marketing, nel 2010 hanno in programma tappe in Italia. Paghiamo più di altri da una parte il fatto di volere contenuti di qualità ma non essere disposti sempre a pagarli (anche se la partecipazione che raccolgono eventi similari, come ad esempio il Convegno GT, dimostra che la sfida non è persa in partenza), dall’altra la scarsa propensione delle aziende a investire nella formazione dei propri dipendenti e collaboratori. Formazione che, proprio nei momenti difficili, può essere l'ancora di salvezza per molte aziende per rilanciarsi e differenziarsi.

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