31.10.07

Altra rivista cartacea che chiude

Sembra proprio dura la vita per quelle riviste cartacee che parlano di Internet affrontandone gli aspetti di business, di marketing e di pubblicità.
Tra la fine degli anni '90 ed i primi del 2000 c'era Web Marketing Tools alla ribalta; una rivista sulla quale hanno scritto nomi diventati poi in molti casi autorevoli nel Web marketing italiano; che aveva il pregio di essere raramente banale; e che, soprattutto, era letta anche dal management di molte aziende italiane, anche di primo piano.
Dopo una lunga agonia, e dopo diversi tentativi di rianimazione, alla fine Web Marketing Tools spirò (senza che nessuno si prendesse la briga di avvisare gli abbonati;-). Peccato.
Poi è stata la volta di Internet Pro; rivista interessante, sulla quale si riversò l'interesse di molti lettori orfani di WMTools (nonchè di alcuni ex autori di quella stessa rivista); non era però la stessa cosa (anche perchè non era nata per esserlo).
Anche qui le dure leggi del business e dei numeri hanno evidenziato come la rivista non fosse profittevole, ed è stata quindi chiusa. Ma se non altro il customer service è stato all'altezza, proponendo agli abbonati una rivista alternativa... già, ma alternativa a cosa? Non essendoci più nulla nel loro catalogo legato al Web, ho optato per una fantastica rivista di ricette culinarie:-)

In questi due episodi ho pensato "ok, siamo in Italia, probabilmente non c'è mercato per questo genere di periodici".
Ma mi è caduta letteralmente la mandibola quando, ricevuto il numero di novembre di Business 2.0, vi ho letto sulla copertina "our final issue".
Ma come? Chiude anche una rivista simbolo della cosiddetta "new economy" (nella pratica togliamo poi il "new", siamo nel 2007 ormai)? Un magazine con lettori in tutto il mondo, osannato e sempre atteso?
E' così. Time Warner, l'editore, ha deciso che non è più il caso di tenere la rivista in produzione; alcuni redattori e giornalisti andranno ora a lavorare per Fortune magazine (che già in precedenza riprendeva alcuni articoli di Business 2.0), gli altri non si sa.
Peccato. E' vero che siamo operatori del Web, che le riviste dovremmo leggerle in pdf o in quelle versioni flash in cui possiamo addirittura replicare il gesto di girare le pagine... ma la versione su carta di una rivista ha sempre un suo fascino e praticità. Anche perchè, come capita spesso a molti, uno dei luoghi in cui si ha finalmente il tempo di dedicarsi alla lettura non è generalmente munito di computer e gli schermi micro dei palmari non aiutano...
Di questa rivista rimarranno di culto alcuni speciali come, ad esempio, l'annuale 101 dumbest moments in business.

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28.10.07

La cultura dell'osare (e le colpe delle agenzie?)

La cultura dell'osare, del provare (e magari anche sbagliare) per trovare nuove opportunità non fa parte (purtroppo) del bagaglio della maggior parte di chi si occupa di marketing e advertising nelle aziende italiane (e, va detto, spesso anche di chi lavora nelle agenzie).
Tutti vorrebbero la soluzione efficace al primo colpo, tutti vorrebbero vincere la lotteria comprando un solo biglietto. Come se lo sperimentare non fosse lavoro essenziale e necessario per arrivare al successo.
Dell'importanza di un'attività di testing e di sperimentazione su base continua se n'è parlato oltreoceano al recente BtoB’s NetMarketing Breakfast, il cui succo del discorso può essere riassunto in queste righe:

The best thing marketers can do, the panelists agreed, is fearlessly test and experiment, ideally with management’s support.
.

Qui si può leggere il resoconto di BtoB Magazine sull'evento.

Da noi i clienti sono disposti a sperimentare? Come detto, nella maggior parte dei casi no; anche perchè il testare presuppone una corretta ed accorta misurazione dei risultati, pratica ancora tutt'altro che di casa nelle aziende italiane (anche se io sono dell'idea che qui dovrebbero essere le agenzie ad imporre i necessari KPI), come ribadito anche in un articolo pubblicato questa settimana su Economy, che riprende una ricerca di Astra per Assocomunicazione ("il 27% delle imprese non fa alcuna verifica, altre pensano solo al target. Ma calcolare il vero ROI è un'altra cosa").
Colpa solo dei clienti? O non sarà che siamo anche noi agenzie a non saper proporre le cose in modo corretto? Che sappiamo solo chiedere?
Mi viene in mente una frase sentita questa settimana da un responsabile marketing con cui ho avuto modo di parlare. Si parlava proprio di provare nuove idee (in quel momento non si parlava più di SEM; il referente mi chiedeva se il gruppo di cui faccio parte fosse in grado di offrire una determinata soluzione), e ad un certo punto la preghiera del mio interlocutore è stata "guardi, le chiedo solo una cosa: di tenere conto che per noi si tratta di una cosa che vogliamo provare e di cui occorre poi giustificare l'investimento alle alte sfere; non presentatevi, come mi è capitato con un'altra agenzia, chiedendo cifre spropositate su progetti senza capo ne coda, che non rispondono al brief dato e che non tengono conto della realtà della nostra situazione". Chiaro.

Da una parte, quindi, spesso noi agenzie abbiamo la colpa di voler proporre senza spesso capire cosa vi sia dietro determinate richieste dei prospect/clienti (referenti che, spesso, devono a loro volta rivendere al loro interno queste idee); dall'altra manchiamo ancora di quel ruolo consulenziale che dovrebbe essere nostro, nel far comprendere chiaramente al prospect che vi sono comunque anche dei limiti di fattibilità alle loro richieste (che ci vuole tempo, ci vogliono investimenti, che il mercato italiano non è quello USA o UK...). Se non lo facciamo, se non diamo risposte chiare e supportate da precisi riscontri, continueremo ad essere percepiti come dei venditori di pentole, non dei consulenti di (web) marketing/advertising.
Lato mio, molte volte sono riuscito a bypassare queste situazioni grazie anche a casi di successo forti; il problema è procurarseli questi casi di successo, visto che chi si muove per primo, chi osa ed ottiene risultati, ha poco interesse a farlo sapere alle masse (e, soprattutto, alla concorrenza).

23.10.07

World Business Forum a Milano

Tra gli eventi non legati al search marketing che più mi piace seguire qui a Milano c'è sicuramente il World Business Forum, di cui oggi (ieri, ormai) è andata in scena la prima giornata.
Per un "manager/imprenditore autodidatta" come il sottoscritto, passare due giorni ad ascoltare alcune delle menti più brillanti del panorama internazionale parlare di business a 360° è di enorme aiuto: non si finisce mai d'imparare. Infatti mi porto dietro un bagaglio di note e spunti che, finito di scrivere questo post, vedrò di trasporre ed applicare.
Certo, non posso dire di aver staccato quest'oggi completamente dall'argomento search engines, visto che tutti i relatori di questa prima giornata hanno nominato almeno una volta un'azienda che ben conosciamo: Google. Da Michael Eisner, ex amministratore delegato di Walt Disney Co. e primo relatore della giornata, che a proposito dell'importanza di prendere decisioni di business solo quando si è realmente concentrati su questo, ha ricordato di come, un bel po' di anni fa, abbia preso una decisione strategica sull'allora motore di ricerca di casa Disney, Infoseek/go.com, quando ormai era con la testa già sulla via di casa ("Se magari avessi scelto l'altra opzione, di monetizzare le ricerche, forse avremmo creato noi il Google della situazione", ha dichiarato sorridendo, salvo poi aggiungere "comunque non credo saremmo riusciti a creare un omologo di Google") per passare a Colin Powell, ex segretario di stato americano il cui intervento ha chiuso il pomeriggio, che di Google è anche consigliere.
Chissà se Massimiliano Magrini, in quest'occasione seduto due file davanti a me, prova ancora qualche emozione al sentir citare a così alto livello l'azienda che rappresenta in Italia, oppure vi abbia fatto l'abitudine:-)
Tra le principali cose che mi sono rimaste impresse di questa prima giornata:

- l'intero intervento di Colin Powell (che ha simpaticamente ammesso come, nella sua carriera, ci sia stato un solo personaggio con cui non sia riuscito a trattare in maniera vincente: sua moglie:-)

- la cultura dell'errore (concetto ribadito da più relatori) che occorre avere in azienda. Dal momento che "solo chi non fa, non sbaglia", occorre motivare le persone ad osare e a non aver paura degli errori, a condizione però di trarre tesoro da questi quando si verificano e di non ripeterli. NOn ricordo più quale relatore abbia portato come esempio un imprenditore giapponese del settore arredamento che, alla domanda sul segreto del suo successo, abbia risposto "non ho mai fatto due volte lo stesso errore"

- alcuni aspetti dell'evoluzione tecnologica raccontati da Ray Kurzweil (da ex atleta agonista mi è rimasto impresso l'accenno a globuli rossi artificiali 50 volte più potenti di quelli naturali, che se usati da atleti consentirebbero prestazioni oggi inimmaginabili... mentre decisamente più entusiasmante, da un punto di vista tecnologico, gli esperimenti che stanno facendo su un traduttore simultaneo per telefoni cellulari, che consentirà di poter dialogare con persone di tutto il mondo indipendentemente dalla lingua)

- la visione di Bruce Chizen, CEO di Adobe, che indica come, nell'arco di un paio di anni, la maggior parte degli accessi al Web avverranno da strumenti alternativi al PC

- l'invito, rivolto ai manager presenti in sala da Antonio Perez, CEO di Kodak, a "cercare l'anima dell'azienda", l'elemento che può fare la differenza tra il successo ed il fallimento sul mercato. Perez che, tra l'altro, ha anche svelato come questo video circolante su Youtube fosse in realtà ad uso interno e fosse servito a stimolare, all'atto del suo insediamento in Kodak, i dipendenti a perseguire con convinzione i cambiamenti a cui Kodak si stava avviando (dal tradizionale business delle pellicole, in cui era leader incontrastata, alla fotografia digitale, scenario molto più competitivo).

Domani (oggi, ormai) seconda giornata. In mezzo a tanti relatori stranieri sono proprio curioso di sentire anche due big italiani, Giorgetto Giugiaro e Renzo Rosso (Diesel).

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18.10.07

Fare un sito come piace a Google

Ieri ho avuto l'occasione di tenere un intervento sul search marketing all'Università IULM, qui a Milano. Spiegare in poco tempo gli elementi che caratterizzano la "search engine optimization" non è mai facile; avessi scoperto prima questo video, probabilmente l'avrei utilizzato come esempio pratico:-)

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Un dato che non mi è chiaro

Trovare una statistica relativa all'ambito ricerche online in cui Google venga battuto da qualche suo concorrente è veramente una rarità.
Per questo ho voluto capire come avesse fatto dogpile.com a battere per il secondo anno consecutivo il motore di Mountain View in termini di funzionalità, facilità d'uso e risultati secondo questa ricerca di J.D. Power and Associates (qui invece l'articolo di MarketingVox da cui ho tratto la notizia).
Una delle ragioni di questo successo, secondo l'analista che ha commentato la ricerca, sarebbe che

users report that they are particularly satisfied with the limits that Dogpile places on the amount of paid advertising that accompanies search results.


Mmmmmmm... sarò cattivo io, che ovviamente sono andato a fare qualche test per parole chiave estremamente competitive e remunerative, ma il numero di link sponsorizzati proposto da DogPile non mi sembra più basso rispetto ai concorrenti.
Per New York Hotels, 13 risultati su 20 sono sponsorizzati, e mixati in una maniera poco chiara. Che gli statunitensi, ormai, non prestino più attenzione (o non abbiano più interesse) a distinguere cosa sia frutto dell'algoritmo e cosa sia a pagamento?

3.10.07

Un tool che vorrei anche in Italia

Una delle cose che invidio ai miei colleghi che operano nelle nazioni anglofone (USA e UK soprattutto) sono le piattaforme che, attraverso l'analisi (anonima) dei percorsi di navigazione degli utenti forniti da vari ISP, sono in grado di fornire (per quanto riguarda il search marketing) non soltanto quali sono le parole chiave più cercate nei motori, ma anche quali sono le chiavi di ricerca che portano più traffico (e, in alcuni casi, addirittura conversioni) sui siti della concorrenza, in quale ordine i siti vengono visitati (e magari abbandonati) dopo una ricerca nei motori e via elencando... (sapendo cosa fanno gli utenti sul web, si possono avere le informazioni più disparate).
Fino a ieri il mio punto di riferimento era HitWise; oggi leggo che anche comscore si è gettata nella mischia con maggiore enfasi presentando Marketer, piattaforma nata per fornire ai web & search marketers quei numeri che possono essere necessari per definire con maggiore precisione strategie e tattiche da adottare nei motori, nonchè per monitorare lo scenario e tenere sotto controllo la concorrenza (o, come si può anche fare, capire quali sono le fonti che generano loro business dal web).
Un dato molto interessante che questa piattaforma evidenzia è l'incidenza, per una data parola chiave, dei risultati naturali e dei link sponsorizzati. E' così possibile sapere ad esempio, per un dato sito web, se a portargli più traffico sia la prima posizione tra i risultati naturali o la posizione premium con Adwords. Il tutto, come detto, non attraverso analisi teoriche come, ad esempio, lo eye tracking (lo studio di come si muove lo sguardo di fronte ad una pagina web) ma sulla base di numeri concreti.
Arriveranno mai in Italia? Allo stand di HitWise, ai vari Search Engine Strategies in giro per il mondo, quando mi vedono alzano subito le spalle, visto che sono anni ormai che gli pongo questa domanda e sono anni che mi rispondono che non esistono le condizioni per entrare sul nostro mercato. Più attivo invece in Europa comscore, che proprio a fine settembre ha lanciato anche in Francia qSearch. Ormai sono attivi in Uk, Germania ed oltralpe... guardando i dati statistici, il prossimo mercato dovrebbe essere il nostro... spero:-)

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